Edoardo Papa su "l’Informazione" di Bologna

Non per fare i guastafeste, che quando si trova un mare limpido, in piena estate, beh, diciamolo, è una gran bella sorpresa, ma non sempre il mare pulito, limpido, è segno di buona salute delle acque. Mettiamola così: il mare pulito è una gran bel vedere e nuotare, ma il mare anche un po’ torbido, certo, non sporco, non è malaccio. Perché? E’ semplice: noi dobbiamo pensare al mare come a qualcosa di vivo e non come una piscina; solo allora, ci renderemmo conto che alghe, mucillagini, sabbia in sospensione sono semplicemente la vita delle nostre acque e dei milioni di esseri, visibili e non, che ci vivono. Non prendiamo in considerazione i comportamenti palesemente nocivi o, peggio, dolosi, che nuocciono alla salute del mare. Parliamo, ora, di quei comportamenti che mirano a tutelarne la salute, almeno nelle intenzioni originarie, ma che, al contrario, finiscono col nuocere al mare. Un esempio tra tutti: i depuratori. Questi sono invocati come la panacea di tutti i mali, li invochiamo come indispensabili e tali effettivamente sono, ma al mare non fanno poi così bene. Immaginiamo, per esempio, un depuratore “modello” che riesca purificare le acque reflue al massimo livello possibile. Bene, cosa pensate? Che l’acqua trattata in questo modo sia perfetta per essere gettata in mare? Sbagliato. Infatti quest’acqua purissima resterebbe comunque una minaccia per l’ecosistema marino e di quello adriatico in particolare. Il problema è di tipo fisico: l’acqua dolce si stratifica al disopra di quella salata impedendo lo scambio dell’ossigeno con gli strati sottostanti di acqua marina e determinando quindi condizioni di ipossia fino a quando una mareggiata non provvederà a rimescolare questi strati acqua diversa. D’estate, quando ce ne sarebbe più bisogno la probabilità che ci sia cattivo tempo, come è noto, è più bassa.
Insomma il risultato è facilmente immaginabile. Poco ossigeno, niente cibo, e i pesci non se la passano poi così bene in quest’acqua adamantina.
Ora, perché questo sia un problema maggiore in Adriatico di quanto lo sia in Tirreno è facilmente immaginabile: dipende dalla natura dei fondali dell’Adriatico è molto diversa da quella del Tirreno dove le acque reflue dei depuratori vengono scaricate ad una profondità di circa 50 metri. In tal modo l’acqua dolce, che tende a risalire verso la superficie, si mescola con quella marina evitando quindi la stratificazione. Ma una profondità del genere, che nel mare Tirreno si può trovare già a pochi metri dalla riva, è pressoché irraggiungibile nei bassi fondali dell’Adriatico se non allontanandosi dalla linea della costa italiana decine di miglia. La profondità del mare resta insufficiente a consentire la miscelazione delle acque dolci che, a maggior danno, finiscono per immettersi nella corrente delle acque che, scaricate dal Po, discendono l’Adriatico, incrementando così, l’effetto eutrofico.