Avviata in quattro porti la collaborazione di sistema per il corretto smaltimento dei rifiuti raccolti sui fondali. Dalla sperimentazione del Progetto Clean Sea Life affiorano, oltre a una tonnellata e mezzo di rifiuti e quintali di retine per l’allevamento delle cozze, opportunità e criticità per la bonifica dei fondali.

Roma, 18 luglio 2018 – Si è conclusa la prima fase della sperimentazione di ‘pesca al rifiuto’ del progetto europeo Clean Sea Life capitanato dal Parco Nazionale dell’Asinara, che ha coinvolto quattro Regioni italiane affacciate sul Tirreno e Adriatico. In una notte trentaquattro pescherecci di Porto Torres, Rimini, San Benedetto del Tronto e Manfredonia hanno raccolto, insieme a triglie, polpi e canocchie, una tonnellata e mezza di spazzatura accumulata sui fondali che è poi stata smaltita a terra.
Nelle reti a strascico sono rimasti impigliati attrezzi da pesca perduti o abbandonati, copertoni, bottiglie, sacchetti, teli e stoviglie di plastica, tubi, boe, secchi di vernice e una quantità notevole di reste, le retine di allevamento delle cozze che con 424 kg rappresentano circa un terzo del peso totale raccolto. La presenza di reste in Adriatico sale dal 9% a San Benedetto del Tronto, il 15% a Rimini e si impenna con il 73% a Manfredonia.

I dati, pur limitati a una sola giornata di pesca, rappresentano un importante punto di partenza per la valutazione della natura e quantità dei rifiuti recuperati dai pescatori in aree molto diverse per natura del fondale e tipologia di pesca. “Il valore di questa iniziativa va però ben oltre la quantità di spazzatura raccolta”, spiega Eleonora de Sabata, portavoce di Clean Sea Life. “In questi quattro porti si è iniziato ad affrontare in modo integrato il problema dei rifiuti accumulati sul fondale. Il vero successo è stato avviare una collaborazione fra amministrazioni comunali, Autorità Portuali di Sistema, Capitaneria di Porto, aziende di smaltimento e i pescatori, tutti determinati ad affrontare un problema forse poco visibile ma di grande impatto sull’ambiente”.
Nel nostro Paese la “pesca ai rifiuti”, nonostante l’efficacia dimostrata da varie attività sperimentali, ha ancora scarsa diffusione a causa principalmente dell’assenza di norme di riferimento e iter procedurali chiari e uniformi sul territorio nazionale. Ad esempio, in gran parte dei porti l’area per lo smaltimento dei rifiuti marini prevista dal Collegato Ambientale nel 2015 non è stata ancora individuata; e se dal 2003 la legge solleva il pescatore dal costo dello smaltimento del rifiuto pescato, non è ancora chiaro chi debba invece farsene carico. La mancanza di codici specifici che caratterizzino alcuni oggetti della spazzatura recuperata in mare rappresenta poi un ulteriore ostacolo. E in assenza di una filiera a terra che ne assicuri la gestione, i rifiuti raccolti vengono spesso rigettati in mare.
Per contribuire a colmare queste lacune e incentivare il recupero e smaltimento della spazzatura marina recuperata nelle attività di pesca, Clean Sea Life ha quindi previsto una serie di attività pilota e dimostrative che si sono svolte quest’anno fra giugno e luglio, e che si ripeteranno nel 2019 e 2020. In ciascun porto, la sinergia fra istituzioni locali e pescatori ha consentito di trovare soluzioni condivise. Parallelamente, il confronto con le Autorità nazionali ha evidenziato i gap di conoscenza che rallentano l’identificazione di un iter procedurale codificato a livello centrale. Il protocollo di monitoraggio è stato quindi integrato per fornire al Ministero dell’Ambiente una preziosa base conoscitiva sulla natura, quantità e soluzioni locali di gestione dei rifiuti marini, che aiuteranno a colmare alcune di queste lacune.

CLEAN SEA LIFE

Il progetto Clean Sea Life (LIFE15 GIE/IT/000999, www.cleansealife.it), cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma LIFE, ha l’obiettivo di contrastare l’accumulo dei rifiuti marini lungo le coste italiane attraverso azioni di sensibilizzazione e la diffusione di buone pratiche di gestione fra gli operatori e le autorità locali, regionali e nazionali. Il progetto, iniziato a fine settembre 2016, terminerà nel 2020 e ha come capofila il Parco Nazionale dell’Asinara con i partner CoNISMa, Fondazione Cetacea, Legambiente, MedSharks e MPNetwork.

Intensa l’attività di comunicazione con il pubblico di Clean Sea Life: in meno di due anni il progetto ha coinvolto migliaia di persone in conferenze, incontri, fiere; oltre 3500 persone e 130 fra circoli nautici, di subacquea e pesca hanno sottoscritto il Manifesto del progetto, dando la propria “parola al mare”. Più duemila persone hanno preso parte alle attività di pulizia di spiagge e fondali. Sei tonnellate di spazzatura marina raccolta, di cui due dai fondali italiani. Enro la fine del progetto si stima che saranno 300.000 gli individui che si prenderanno cura del nostro mare con il progetto Clean Sea LIFE per liberarlo dai rifiuti e creare una diffusa consapevolezza sull’importanza di rispettare le acque, i fondali e le coste della nostra penisola.

Recentemente Clean Sea Life si è distinta per l’attività sui “dischetti” sversati in mare dal depuratore di Paestum. Dopo aver reso pubblica l’invasione dei carrier sulla costa, lo staff sta tuttora seguendo, grazie alla partecipazione della cittadinanza sui social network, lo spiaggiamento dei dischetti lungo le coste mediterranee e ha tracciato, con l’aiuto del pubblico e degli oceanografi, una mappa dello sversamento e dello spostamento dei rifiuti marini in Tirreno che si è rivelata preziosa per le indagini della Procura di Salerno. Su sollecitazione di Clean Sea Life, centinaia di persone hanno rimosso oltre 150.000 dischetti dalla costa.

Fino al 2020 subacquei, pescatori, diportisti, bagnini e bagnanti prendeno in adozione un tratto di costa e di fondali per mantenerlo pulito come tutti noi faremmo con le nostre case. Perché il mare non solo è la casa di tutti, ma è anche l’origine di tutto e un mare pulito dai rifiuti e soprattutto dalla plastica è un mare che non ci restituirà, trasformato a nostro discapito, ciò che noi abbiamo colpevolmente abbandonato nelle sue acque. Solo per quanto riguarda i rifiuti di plastica si calcola che sono otto i milioni di tonnellate che ogni anno finiscono nei nostri mari. Gran parte di questa con il tempo si frammenta in particelle sempre più piccole (micro e nano particelle) che acquisicono la capacità di assorbire una vasta gamma di contaminanti organici e inorganici. Questi contaminanti assorbiti dalle microplastiche, in seguito all’ingestione di queste particelle da parte di molti organismi marini, sono liberati e accumulati nei tessuti degli organismi. Ecco perché è fondamentale da una parte, liberare il mare dai rifiuti prima che questi si disintegrino e dall’altra, sensibilizare la popolazione a non considerare il mare una pattumiera che ingoia tutto senza conseguenze.

Lo scorso anno, un rapporto sui cosmetici in vendita in Italia contenenti microplastiche realizzato per Clean Sea Life ha contribuito, insieme alle pressioni di altre associazioni ambientaliste, al bando delle microplastiche nei cosmetici in Italia. Per questo motivo, il progetto è stato citato dal Ministero dell’Ambiente quale Best Practice nel “G7 Plastics Workshop in the context of 2030 Agenda implementation and towards G7 collaborative activities”, in quanto il progetto valorizza e promuove un approccio preventivo alla gestione delle microplastiche.

I PARTNER DI CLEAN SEA LIFE
Sei partner, con sei vocazioni diverse ma accomunate da uno stesso scopo, il mare: Parco Nazionale dell’Asinara, capofila del progetto, insieme CoNISMa; Fondazione Cetacea, associazione che impegnata nella tutela dell’ecosistema marino adriatico, Legambiente, l’associazione italiana più diffusa sul territorio, MedSharks, dedicata allo studio e conservazione dell’ambiente mediterraneo e MPNetwork, società specializzata nella gestione e nell’avviamento di porti turistici.